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Sai cosa può distruggere la tua startup anche dopo aver validato? Una cattiva divisione delle quote tra i co-founder.

Tempo di lettura: 6 min

La divisione delle quote tra co-founder è un aspetto troppo trascurato dai founder delle startup nelle fasi iniziali di sviluppo del progetto. In questo articolo illustrerò come in Peekaboo consigliamo ai founder di dividere in maniera equa le proprie quote in modo da vivere felici e contenti, o come si dice “patti chiari e amicizia lunga”.

Quello che succede nel 99% dei casi è che ci si fa prendere dall’entusiasmo, dallo sviluppo del progetto e si tralascia l’aspetto fondamentale degli accordi tra co-founders. Quello che secondo l’ordinamento italiano sono i Patti Parasociali (Co-Founder Agreement) e che completano di fatto lo statuto della società. Tra questi, l’aspetto certamente più importante è quello della divisione delle quote tra i co-founder.

PERCHÉ È COSÌ IMPORTANTE DIVIDERE LE QUOTE NEL MODO GIUSTO?

Le quote dell’azienda sono il vero asset per un imprenditore. I founder di startup hanno l’obiettivo di vendere l’azienda (Exit) o quotarla in borsa (IPO), in quel momento si capitalizza l’investimento fatto dal momento della creazione della startup.

Lo stipendio, se c’è, è solo qualcosa che può permettere ai founder di portare la pagnotta a casa e di pagare le bollette. Nessun imprenditore di startup si arricchisce grazie allo stipendio, per cui se puntate a quello vi conviene intraprendere una carriera manageriale in azienda.

Le quote della società sono il principale asset che rimane nelle vostre mani: più farete crescere il valore della vostra società con metriche di mercato (fatturato, contratti, utenti attivi, etc..), più avrete tra le vostre mani una ricchezza patrimoniale che potrete decidere di liquidare al momento più opportuno.

Per comprendere l’importanza della divisione delle quote tra co-founder, è importante sottolineare che c’è una correlazione diretta tra una divisione equa delle quote ed il commitment dei co-founder nella crescita della startup.

Detto in parole semplici: più i founder ritengono equa la divisione della startup, più la loro motivazione rimarrà alta e si impegneranno a lavorare nella startup. Un’assegnazione corretta delle quote nelle fasi iniziali è la garanzia più grande per la coesione tra i founder di una startup e anche un modo per “fidelizzarli” nel tempo. Per questo esiste il vesting, che vedremo dopo.

Ora che spero di averti convinto del fatto che le quote sono fondamentali, approfondiamo come è meglio dividere le quote tra fondatori.

LA MIGLIOR DIVISIONE DELLE QUOTE TRA CO-FOUNDER

Dall’esperienza maturata nei programmi di pre-accelerazione con Peekaboo, sappiamo che spesso i fondatori neanche se lo chiedono e quando se lo chiedono non hanno idea di come fare.

Su internet sono presenti articoli fuorvianti e consigli che basterebbero da soli a garantire il fallimento della startup. In particolare ci sono una serie di considerazioni fatte dai founder che generano una divisione non equa delle quote tra founder e quindi condizionano negativamente le probabilità di successo della startup per le motivazioni descritte prima. 

Tra le motivazioni spesso riportate tra i founders ci sono le seguenti:

  • Sono stato io ad avere l’idea;
  • Ho iniziato a lavorare N mesi prima del mio co-fondatore;
  • Questo è ciò che abbiamo concordato;
  • Il mio co-fondatore ha preso uno stipendio per N mesi e io no;
  • Ho iniziato a lavorare a tempo pieno N mesi prima del mio co-fondatore;
  • Sono più anziano/più esperto del mio co-fondatore;
  • Ho trovato il mio co-founder dopo aver raccolto il primo round di finanziamento;
  • Ho portato il mio co-founder dopo aver lanciato il mio MVP (Minimum Viable Product).

Tutti questi punti elencati vanno contro una divisione equa delle quote per diverse ragioni:

  • Ci vogliono dai 7 ai 10 anni per costruire un’azienda di grande valore. Ciò che hai fatto nei mesi iniziali ha poca importanza se lo misuriamo in un percorso di 7-10 anni, per questo non può essergli attribuito un grande valore.
  • Come ho accennato prima: più equità = più motivazione. Quasi tutte le startup falliscono, ma più i fondatori sono motivati, più sono le chances che la startup possa avere successo.

Se non dai valore ai tuoi co-fondatori tu, di certo non ci sarà nessun altro che lo farà. Gli investitori considerano la ripartizione del capitale come uno spunto per capire quanto il CEO apprezzi i suoi co-founders.

Se date a un co-founder solo una piccola quota, gli altri penseranno che non sono molto bravi o che non avranno un grande impatto sulla vostra azienda. La qualità del team è spesso uno dei motivi principali per cui un investitore investirà o non investirà, specialmente nella fase iniziale di sviluppo di una startup. Perché comunicare agli investitori che avete un team che non apprezzate molto?

Come diciamo sempre, il valore della startup è nella sua capacità di execution, non nell’idea in sé. Una divisione che assegna troppe quote al founder che ha avuto l’idea non valorizza la capacità dei co-founder di portare questa idea sul mercato generando traction.

L’equity dovrebbe essere divisa il più possibile in parti uguali perché tutto il lavoro fatto prima della costituzione della società è minimo rispetto a quello che vi aspetta davanti.

CONSIGLI PRATICI PER LA DIVISIONE DELLE QUOTE

Il mio consiglio per la divisione delle quote tra fondatori è proprio questa: dividere le quote in modo equo tra i founder. Al massimo, se proprio c’è stato un lavoro pregresso di mesi da parte del founder che ha avuto un’idea, a quest’ultimo può essere riconosciuto un 5% in più.

Condividere in modo equo le quote della società è fondamentale. I tuoi co-founders saranno i tuoi compagni di viaggio per i prossimi anni: passerete più tempo insieme di quello che passerete con le vostre famiglie o i vostri amici; saranno le persone con cui dividerete tutti i successi e fallimenti della vostra azienda. Per questo, se non siete disposti a dividere in modo equo le quote della società, probabilmente è il co-founder sbagliato.

L’ABBANDONO DEI CO-FOUNDER: UN PROBLEMA SERIO

Stabilire una divisione equa delle quote è una condizione necessaria, ma non sufficiente per garantire il coinvolgimento ed il commitment dei co-founder. Il metodo più utilizzato in Silicon Valley per motivare i founder della startup nei primi anni di sviluppo è il vesting. Vediamo cos’è e come funziona.

Innanzitutto, è importante ricordare che il tempo che i founder dedicano alla startup costituisce l’asset fondamentale dell’azienda nella sua fase iniziale. All’inizio infatti, i founder potranno contare solo sulle proprie competenze e sul tempo che dedicano alla startup per tradurre la loro vision in un business model di successo.

Nel momento iniziale di sviluppo, l’azienda corre un grande rischio (troppe volte non considerato): uno o più founder potrebbero decidere per qualsiasi motivo di lasciare la startup. Perché questo rappresenta un grande rischio per la startup?

Nel momento in cui la società viene costituita e le quote assegnate, se uno o più soci decidono per qualsiasi motivazione personale o professionale di lasciare la startup, non c’è (quasi) nulla che si possa fare nella pratica per riprendere le quote indietro.

La società si troverebbe come senza una gamba nella sua già disperata sfida di portare a termine una maratona ad ostacoli. Se uno o più founder decidono di lasciare la startup, ipotesi molto più concreta di quanto possa immaginare visto lo stress e i fallimenti cui si è sottoposti in assenza di remunerazione, diventa davvero difficile andare avanti. I founder possono anche lasciare la startup per i motivi più svariati: ricevono un’offerta professionale che decidono di accettare, decidono di fondare un’altra startup, si innamorano e si trasferiscono in un’altra città. Potrei andare avanti all’infinito. Ho visto tantissime startup fallire per questo motivo.

Come se ciò non bastasse, anche gli investitori non metteranno volentieri i propri soldi in una startup che di fatto è rimasta mutilata.

IL VESTING: UNA CONTROMISURA PER QUESTO PROBLEMA

Per evitare tutto questo esiste il vesting, che è diventato una prassi in Silicon Valley. Si tratta di un meccanismo di attribuzione delle quote proporzionalmente al tempo in cui un founder lavora nella startup. Lo standard prevede un periodo di vesting di 4 anni.

Facciamo un esempio pratico per spiegare meglio come funziona. Ipotizziamo per semplicità che una startup X abbia due co-founder, Marco e Andrea che decidono di assegnarsi il 50% di quote ciascuno.

Il vesting funziona così:

  • se Marco (o Andrea) lasciano la startup prima del primo anno dalla sua fondazione, non hanno diritto a nessuna quota. Questo perchè si vuole disincentivare il più possibile l’abbandono della startup nel primo anno di vita, che è quello più delicato ed in cui è maggiormente probabile che la startup fallisca;
  • dopo il primo anno, Marco e Andrea ottengono il diritto a mantenere 25% delle azioni ciascuno, anche se decidessero di lasciare la startup;
  • ogni mese successivo al primo anno, Marco e Andrea ottengono il diritto a mantenere 1/48esimo del totale delle azioni. In questo modo si ottiene il diritto ad ottenere il 100% di quanto inizialmente pattuito, solo al termine del quarto anno dalla fondazione della startup.

Il vesting si può ri-proporzionare in funzione di un numero diverso di founder e di un periodo di vesting. Ma il periodo di quattro anni descritto nell’esempio rappresenta ormai uno standard sia per i founder che per gli investitori. Questi ultimi saranno molto più disposti ad investire i propri soldi in una startup che adotta il vesting, perchè sarà molto più probabile che mantenga gli asset fondamentali per portarla al successo nelle fasi iniziali.

CONCLUSIONI

In questa guida pratica abbiamo visto quanto sia importante dividere le quote in modo equo tra founder e il meccanismo del vesting, fondamentale per dare le quote in modo intelligente ed equo nel tempo.

Se ci tieni alla vita della tua startup ti consigliamo di prendere spunto da tutto ciò e facci sapere se questo articolo lo trovi utile 😉
Ci vediamo di là, dove si fa innovazione sul campo!

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